Qualche giorno fa chiacchieravo con alcuni colleghi riguardo la presunta sovraesposizione mediatica di taluni imprenditori che hanno associato il proprio nome a quello della propria azienda. Due nomi per tutti mi corrono quale esempio: Giovanni Rana e Francesco Amadori, imprenditori a capo di aziende con bilanci più che positivi, protagonisti degli spot tv per promuovere le rispettive aziende.
Non la pensavamo tutti allo stesso modo. C’è chi riteneva inefficace e di eccessivo protagonismo mettersi in gioco personalmente per promuovere la propria azienda, e chi invece apprezzava questo tipo di iniziativa. Io per esempio.
Di questi tempi di overdose da marketing pubblicitario più o meno celato, siamo tutti un po’ saturi di prodotti miracolosi, offerte irrinunciabili e piccole aziende che si presentano come leader di mercato. Oggi sul web si trovano recensioni su qualsiasi prodotto e servizio, e l’uso di aggettivi esagerati per promuoverli di talune aziende mi appare sempre più controproducente. Anzi, io direi che è proprio l’uso degli aggettivi a essere controproducente in una situazione di forte assuefazione di cosiddetti messaggi bidone fuori tempo massimo.
E’ sempre auspicabile spiegare la presunta efficacia di un prodotto/servizio con numeri ed esempi concreti. Se è vero che il web è diventato il punto di riferimento per trovare recensioni che ci spingono ad acquistare questo o quel prodotto o ci sconsigliano di farlo, succede quindi che è sempre più inutile, e anzi dannoso, utilizzare iperboli verbali o l’autoincensamento. A me provoca anche un certo senso di fastidio.
Apprezzo invece chi ci mette la faccia e lo fa più o meno spontaneamente. Chi lo fa tende un filo che arriva al potenziale cliente, gli tende una mano, gliela stringe, lo fa con un sorriso che nessun prodotto o servizio potrà mai fare. In tempi di social network “metterci la faccia” vuol dire “crederci”, rafforzare un messaggio, caricandolo di significato dato anche dalla propria credibilità personale. Un’attività ben diversa da quello dell’utilizzo di testimonial e pure di emergenti influencer che funzionano come i vecchi juke box. E’ per questo che apprezzo in particolare quelle realtà aziendali in cui, non sono solo i boss alla Giovanni Rana ad accettare di mettersi in gioco.
Quando dipendenti e collaboratori accettano di metterci la faccia per supportare le iniziative aziendali, è l’azienda stessa che guadagna punti. I potenziali clienti, e gli stakeholders in genere, possono intravedere volti, storie, sentimenti, emozioni. Ecco allora che, messo questo tassello, il marketing di prodotti e servizi si inserisce all’interno di un contesto a cui sennò mancava evidentemente qualcosa, o qualcuno, in questo caso. Quelli che hanno il coraggio e la forza di metterci la faccia per l’azienda in cui credono e lavorano.
E tu che ne pensi? La metteresti la faccia per l’azienda in cui lavori?